“La tragica vicenda del “Covid-19” – sottolinea Roberto Ferrari, Segretario Regionale UNISIN/CONFSAL della Toscana – ci ha lasciato diverse eredità e, alcune, certamente non positive. Si è parlato molto di distanziamento e la “distanza” sembra quasi diventata la nostra ancora di salvezza. Come dimostrato inequivocabilmente dai dati della nostra ricerca sulla desertificazione bancaria anche le banche hanno aumentato la distanza con i propri clienti. Ma veramente nella distanza c’è questa magia? Tutte le principali banche stanno chiudendo gran parte delle filiali e, soprattutto nei piccoli centri, questa desertificazione bancaria porta i più grossi disagi: diventa difficile e “distante” trovare anche il semplice sportello bancomat”. “Questo aspetto – prosegue il Segretario Regionale Ferrari – si cerca di occultarlo nella modernità, nel mantra della “rete”, quando nella realtà a noi “vicina” constatiamo che tutto questo provoca un vero e proprio disagio sociale, soprattutto per gli anziani e le persone più deboli con problemi di mobilità e di alfabetizzazione informatica”.
I dati presentati dalla Banca d’Italia, analizzati da Milena Di Fina, del Coordinamento Donne e Pari Opportunità della Segreteria Regionale UNISIN/CONFSAL della Toscana, e relativi agli ultimi 5 anni, riportano una situazione allarmante, come nel resto del Paese, circa la desertificazione bancaria che avanza.
Sono tanti, troppi i territori lasciati scoperti a seguito di continue chiusure di sportelli e filiali intere. Se i dati preoccupano nelle grandi città o in territori più popolosi, molto di più interessano i cittadini e gli operatori del credito che per raggiungere a vario titolo lo sportello bancomat o il consulente finanziario, devono percorrere decine, centinaia di chilometri. E questo è il nodo cruciale proprio in Toscana, dove le città all’interno della stessa provincia sono difficilmente raggiungibili in poco tempo e in modo agevole.
In 5 anni, dal 2017, la popolazione bancaria è scesa di 3.720 unità, il 16,69%. Il numero poi degli sportelli è drasticamente sceso, si è passati da 2.093 del 31/12/2017 ai 1.572 del 31/12/2022, ben 521 sportelli chiusi, il 24,89%. La situazione è dunque preoccupante se si pensa che il trend è in aumento, ancorché dietro ogni chiusura ci sono diversi aspetti da tenere in conto: dai chilometri per raggiungere la nuova filiale, ai paesi interi da attraversare anche soltanto per un prelievo o per un appuntamento con il consulente finanziario; dai costi sostenuti per l’apertura di quella filiale, ai costi spesi per la relativa chiusura; dai costi in termini di benzina e tempo per spostarsi da un paese all’altro alla ricerca della filiale superstite, ai costi per evitare di dover ad esempio prelevare in altre banche con relative commissioni applicate.
La ragione di tutto questo non deve essere ravvisata nella crisi geo-politica che stiamo attraversando, perché solo a titolo di esempio, in 5 anni i depositi sono aumentati nella sola Toscana del 9,91% passando da 100.409.858 euro del 2020 a 110.361.581 euro del 2022. Volendo ricercare i motivi che spingono gli istituti di credito a chiudere le loro filiali fisiche sul territorio sicuramente c’è lo sviluppo sempre più decisivo dell’home banking e delle piattaforme digitali che stanno cercando di sostituire in toto le realtà fisiche; questa tendenza si è sicuramente accentuata negli ultimi anni a causa della pandemia da Covid-19, ma gli operatori del credito lo sanno bene, i clienti anche, non tutto e non sempre si riesce ad espletare online o a distanza e ad ogni buon conto non devono essere i clienti e le lavoratrici e i lavoratori a subire il costo maggiore di queste manchevolezze.
“L’azienda bancaria – conclude il Segretario Regionale Roberto Ferrari – non sembra più voler coniugare il proprio profitto con lo sviluppo del territorio in cui opera. L’unica “vicinanza” è costituita dalla forte pressione commerciale e, allora, possiamo chiudere con una domanda che l’analisi di UNISIN ci spinge a fare: non è forse giunto il momento di fare un passo indietro, o meglio, in avanti? Non è forse il caso di interrompere questo impoverimento sociale e questo drenaggio di risorse economiche dai territori, che spesso assume i connotati di un vero esproprio, e di riportare valore nelle comunità locali? Sarebbe molto interessante rivolgere queste domande ad una “intelligenza artificiale” e la risposta, forse, non sarebbe “easy”.”
L’appello di UNISIN/CONFSAL sul tema della desertificazione bancaria è sempre più rivolto alle Istituzioni, affinché si occupino e preoccupino di un aspetto non trascurabile della vita economica di famiglie, cittadini e imprese, svolgendo tra l’altro le Banche un ruolo sociale non indifferente.
Il Segretario Generale di UNISIN/CONFSAL Emilio Contrasto, intervenendo a più livelli e in più occasioni, sta portando incessantemente all’attenzione della società, della politica e dei media quanto “rilevante sia il problema della desertificazione bancaria nel nostro Paese per le enormi ripercussioni economiche e sociali, poiché laddove il sistema creditizio non ha un presidio in loco a supporto di famiglie e imprese si assiste ad un impoverimento a tutti i livelli dei territori, ad un decremento della presenza delle imprese e ad un rapido abbandono dei territori da parte dei giovani con la conseguente desertificazione non solo economica ma anche sociale. Non va, inoltre, dimenticato che, come evidenziano i dati drammatici sull’usura, in assenza di intermediari finanziari legittimi possono subentrare e spesso, purtroppo, subentrano soggetti che operano al di fuori della legge. La politica ha la responsabilità di verificare questi processi e porre in atto gli interventi necessari ad arginare questi fenomeni”.
Un circolo vizioso dunque, che deve trovare un epilogo per evitare ulteriori danni alle famiglie e nel tessuto economico-produttivo delle piccole-medie realtà.
Firenze, 27 luglio 2023